A cura di Luca Pasquarelli
Può apparire strana ed incomprensibile ad un adulto la volontà di un adolescente di sottoporsi a pratiche di modifica del proprio corpo, spesso anche molto dolorose, come tatuaggi e piercing. Che valore hanno queste scelte, che a volte possono cambiare radicalmente il proprio aspetto? Possono nascondere un malessere? Cerchiamo di capire insieme quali sono i motivi alla base di una scelta sempre più comune tra i ragazzi.
L’adolescenza si presenta come una fase di transizione in cui i ragazzi devono rielaborare la propria immagine di sé, passando dall’idea di sé come bambini a quella di sé come adulti. Certamente, uno dei cambiamenti maggiori avviene proprio nel corpo, che durante questi anni cresce e matura, fino a diventare il corpo dei “grandi”. Proprio la necessità di riappropriarsi del nuovo corpo diventa uno dei compiti fondamentali che l’adolescente deve affrontare per poter dire concluso il suo percorso, per poter diventare un adulto completo e consapevole. Ma non sempre è facile accettare ciò che sta cambiando così rapidamente e, in qualche caso, che sta diventando qualcosa che non ci piace. Dopo aver registrato i cambiamenti fisici, dobbiamo infatti imparare anche ad accettarci mentalmente per come siamo diventati.
Generalmente, il conflitto con il nuovo corpo si conclude in maniera positiva, dopo periodi più o meno lunghi in cui il nuovo corpo viene messo alla prova, mostrato, nascosto, modificato. In molti casi vediamo infatti adolescenti che sembrano quasi “mascherati” da abiti larghissimi o, al contrario, che mostrano senza alcun timore il proprio corpo. Non mancano poi quelli che usano un pesante trucco, o che cambiano colore dei capelli quasi quotidianamente. Molto spesso si tratta di sperimentazioni innocue, in linea con un particolare momento che i ragazzi vivono, con una specifica attitudine che in quel momento sentono verso il proprio corpo: brutto, inguardabile e sgraziato; bellissimo e da ammirare; che ha qualche piccolo difetto, facilmente aggiustabile.
A volte però, le sperimentazioni cominciano a diventare pericolose: il corpo diventa il bersaglio dell’odio e del rancore, la sofferenza e il blocco nel proprio processo evolutivo vengono trasportati e riflessi sul corpo. Diete estreme, atti aggressivi, autolesionismo, dismorfofobia – l’idea che una parte del nostro corpo sia del tutto impresentabile e “mostruosa” -, malattie psicosomatiche. Non a caso, queste manifestazioni si associano solitamente a un blocco del pensiero, a difficoltà nell’entrare in empatia, a ricordare il passato. Il mondo psichico è allontanato, rimane insanabile la distanza tra il corpo desiderato e quello che si ha, che viene attaccato perché è inaccettabile.
Ma ci sono strumenti l’adolescente può usare per mentalizzare il proprio corpo, cioè per accogliere psichicamente il suo nuovo fisico? Fondamentale è il gruppo dei compagni, che diventa un vero e proprio laboratorio dove sperimentarsi, dove vedere modi diversi di portare avanti un compito evolutivo fondamentale, in cui è possibile anche incontrare un corpo diverso, ed iniziare ad esplorare il mondo della sessualità. Allo stesso modo, il tatuaggio e il piercing diventano un modo per aiutare nella mentalizzazione del corpo, per “abbellirsi”, presentandosi in un modo che l’adolescente vive come più in linea con il suo vero modo di essere. Al contrario delle altre condotte aggressive, manca in questo caso la volontà di ferirsi o di mostrare il disagio, sostituita dalla voglia di raccontarsi, di fissare in modo indelebile un momento, una persona fondamentale, una passione, una propria caratteristica, la conquista della libertà.
I tatuaggi o i piercing possono quindi diventare uno strumento utile, se non fondamentale, per riappacificarsi con il proprio corpo. Proprio come una casa viene ristrutturata per essere resa più gradevole, così il corpo è modificato per raccontarci meglio e per diventare un luogo in cui siamo a nostro agio, che ci sentiamo liberi e orgogliosi di mostrare al mondo.