A cura di: Riccardo Crippa

Siamo tutti a conoscenza dell’importanza e dell’impatto del tema del cambiamento climatico. Conosciamo la complessità di questa sfida, i suoi terribili effetti negativi legati all’ambiente e quelli che minacciano la sfera fisiologica e la nostra salute, ma come reagisce la nostra psiche ai problemi del clima?

L’inizio del 2024 ha portato con sé notizie estremamente negative, per quanto riguarda i livelli di inquinamento, soprattutto se ci si concentra sulla città di Milano e sull’area critica della Pianura Padana. Addirittura, il capoluogo lombardo è stato classificato come la terza città più inquinata del mondo. Ad affermarlo, è un dato parziale, cioè il risultato di uno studio concentratosi su un momento specifico e che non tiene conto di tutte le città del pianeta. Ad ogni modo, la situazione climatica del nord Italia non è delle più felici, anzi. Sono diverse le fonti autorevoli che provano a spiegarcelo e a metterci in guardia: Ansa racconta di livelli di inquinamento sopra la soglia e dei rischi legati alla qualità dell’aria inquinata (malattie cardiovascolari, malattie respiratorie e allergie), Open sottolinea la gravità delle condizioni dell’aria e la sua conseguente tossicità per chiunque la respiri e Greenpeace mette il punto esclamativo sul superamento della soglia critica della concentrazione di polveri sottili.

Le conseguenze di queste condizioni climatiche sono estremamente negative sotto ogni punto di vista. Il Comune di Milano, da anni al centro di questa sfida contemporanea, dedica grande importanza alla sensibilizzazione sul tema: sul sito ufficiale, ad esempio, è disponibile un’ampia sezione dedicata agli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico di Milano. A lungo, ci si sofferma sui rischi della salute fisica dei Milanesi. L’esposizione all’inquinamento lombardo può ridurre di 2 o 3 anni la vita delle persone e mette a serio rischio coloro che vivono situazioni di fragilità fisiologiche, come anziani, bambini, donne in gravidanza e malati oncologici. L’inquinamento atmosferico, inoltre, è definito fra gli agenti “sicuramente cancerogeni per gli esseri umani”, vista la capacità delle particelle tossiche di penetrare profondamente in tutti gli organi del corpo umano. Si procede con il focus sugli effetti a breve termine e su quelli a lungo termie…

C’è un punto di vista importante, tuttavia, che siamo soliti dimenticare, nascondere e oltrepassare, nonostante la sua influenza tangibile, quotidiana e universale. Anche i media sembrano tralasciarlo. Siamo parlando dell’impatto psicologico del clima e delle sue variegate problematiche.

“Ecoansia” è il termine che racchiude la rilevanza e il peso della sfera psicologica e di come essa sia esposta al tema del cambiamento climatico e alle sue infinite incertezze.

L’enciclopedia Treccani ha dedicato a questa parola un interessante approfondimento, che ci aiuta a capire di cosa stiamo parlando. Vi si definisce l’ecoansia come “profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali”. Stiamo parlando di un concetto molto ampio e complesso, che non vuole ricoprire solamente la paura della persona che si trova in un luogo nocivo o che ha subito un disastro ambientale. Al contrario, si va oltre e si rimanda alla sola possibilità di “pensiero”, che è capace di attivare una sofferenza psicologica. Ad esempio, anche una persona che vive in una area geografica non inquinata e con un livello di rischio minore può trovarsi a fronteggiare stimoli e preoccupazioni capaci di attivare il disagio dell’ecoansia. Tutti noi, se ci soffermiamo un momento a pensare alle conseguenze del cambiamento climatico, siamo attivati da emozioni estremamente negative: paura, tristezza, ansia, sfiducia, preoccupazione, sgomento, senso di incertezza, disorientamento, rabbia, irritazione, perfino terrore o disperazione.

Anche all’interno della letteratura scientifica, naturalmente, la sofferenza psicologica climatica ha assunto grande rilevanza e sono molteplici gli studi che provano ad esplorarla e a conoscerla. Le ricerche confermano il grande interesse sociale e culturale per le conseguenze ambientali e mediche, a discapito dell’attenzione per gli effetti psicologici; tuttavia, questi ultimi sono determinanti. Le conseguenze psicologiche del cambiamento climatico sono un ventaglio sfaccettato di sofferenza: disturbi del sonno, stress, ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress e ideazione suicidaria sono i segnali di disagio più diffusi.

Gli autori, parlando di ecoansia, si soffermano parecchio anche sul tema del futuro, perché la psiche soffre particolarmente quando e si proietta in un futuro doloroso. È facile intuire come le vittime vulnerabili di questo tipo di disagio siano i più giovani, che sembrano essere anche i più sensibili. Essi vedono davanti a sé un tempo privo dei più importanti punti di riferimento, cioè quelli della natura e dell’ambiente intorno ad essi. Senza di essi, è difficile lavorare sulla costruzione di una progettualità.

Il cambiamento climatico è una delle sfide più importanti dei nostri tempi e richiede la tempestività di un intervento complesso e sfaccettato. In questa premurosa presa in carico del problema, tuttavia, non si può sottovalutare la sofferenza psicologica che ne deriva e che impatta sulla qualità della vita di chi ne soffre.

Bibliografia:

  • Eco-Anxiety: How Thinking About Climate Change-related Enviromental Decline is Affecting our Mental Health. 2019. International Journal of Mental Health Nursing. 28, 1233-1234

Sitografia:

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